Evitare
la perdita di fiducia e autostima
L’opinione
a freddo di Angelo Volpe
Una batosta che non deve lasciare il segno: stare uniti e non perdere fiducia e autostima (ph Alfio Guarise) |
Diciamolo subito chiaro e tondo. La batosta di
Rovigo non deve lasciare il segno. I giocatori, lo staff, i sostenitori/tifosi
devono scaricare le scorie di una brutta sconfitta (33-18) e di un primo tempo terribile
(4 mete con bonus in mezz’ora). A dirla tutta, a botta calda qualcuno (e non
faccio nomi) ha dato un po’ di matto, straparlando alquanto. Ma se davvero si
vuole puntare a ribaltare il risultato bisogna assolutamente fare piazza pulita
delle tossine ancora in circolo e pensare a domenica 21 maggio come il giorno
del riscatto. Per non buttare via un’intera stagione di sacrifici, di lavoro
costante, di speranze, di emozioni, di gioie, di soddisfazioni e anche di
dolori.
Bisognerà cominciare dall’analisi della partita di
Rovigo, cercare di capire perché la squadra si sia lasciata travolgere dagli
avversari, soprattutto nel primo tempo. Cosa non ha funzionato, quale intoppo
abbia grippato il meccanismo che tanto bene aveva fatto per (quasi) tutto il
campionato.
E’ pressoché impossibile poter dare una spiegazione
stando all’esterno del gruppo e dello staff. Ma è auspicabile che lo sia meno
stando dentro. Perché ritengo che solo individuando e tirando fuori il problema
si possa venirne a capo.
La sconfitta di sabato è cominciata forse una
settimana prima, con il match, che si annunciava pleonastico, contro il
Calvisano. Pleonastico perché insignificante ai fini della classifica finale,
ma in realtà - a posteriori - importantissimo per definire l’approccio mentale
ai play off. La brutta sconfitta con Calvisano è stata in pratica un antipasto
del boccone amaro che sarebbe arrivato di lì a una settimana al Battaglini.
La domanda è: perché? La prima risposta che verrebbe
spontanea è per un eccesso di confidenza. Il Rovigo veniva da un brutto periodo
con alcune sconfitte piuttosto cocenti. Con polemiche interne al gruppo, con
voci di partenze di giocatori o di mancate conferme, con annuncio (l’ennesimo,
invero) di prossimo abbandono del presidente Zambelli. E’ possibile che
mettendo insieme tutti questi elementi si sia formata l’idea/convincimento che
le semifinali sarebbero state una formalità. In realtà il primo dubbio sarebbe
dovuto venire proprio dalla partita con Calvisano che ha mostrato una squadra
(il Petrarca) spenta e priva di nerbo, tanto da subire troppo la pressione di
un Calvisano B, ossia fatto in buona parte di giovani e di rincalzi. Oppure,
altra ipotesi, può essere stato sbagliato qualcosa nell’approccio alla gara. Ma
per ragionare su questo bisognerebbe essere all’interno del gruppo e viverne e
conoscerne le dinamiche. Fuori filtra solo qualche voce di corridoio e non è
che sia molto rassicurante. Ma sono voci e in quanto tali bisogna prenderle con
beneficio d’inventario.
Rimane aperto il quesito. Perché una partita così
brutta? Perché ci siamo fatti travolgere da Rovigo quando tutto lasciava
pensare che sarebbe successo proprio il contrario? Forse perché è la legge del
derby che si è imposta, quella che vede la squadra sfavorita avere molto spesso
la meglio. Un’alchimia insondabile di umori, di motivazioni, di atmosfere. Un
clima quasi imperscrutabile, impenetrabile, se non ci sei dentro fino in fondo.
Una volta il derby era lo scontro tra due ambiti ben distinti, tra due
popolazioni, due stili di vita. Tra città e campagna, tra la città industriale e
di servizi, moderna e colta e quella ancora legata alla civiltà contadina,
ricca di sana “ignoranza”. Ma siamo in piena retorica d’altri tempi. Al giorno
d’oggi hanno ancora senso differenziazioni del genere in piena globalizzazione?
Tanto più che di contrapposizione di genti padovane e rovigotte ormai c’è solo
il ricordo. Sabato in campo c’erano solo 4 giocatori rodigini con la maglia
rossoblu contrapposti a 7 padovani con la maglia tuttonera (più due padovani di
nascita e formazione rugbystica tra le fila rovigotte). Per il resto argentini,
sudafricani, neozelandesi, britannici, o italiani di altre provenienze. Ma di
padovani e rovigotti DOC ben pochi.
E allora siamo al punto di partenza. Perché una
prestazione così deludente? Per capirne di più si dovrebbe andare a mettere il
naso in spogliatoio? Andare a curiosare nel sancta sanctorum di una squadra di
rugby? Un luogo quasi sacro? Forse sì. E su questo punto circolano un sacco di
voci, spesso allarmanti. Ma non sta a noi “esterni” farlo. Noi possiamo fare
ciò che fanno i bravi sostenitori, ossia sostenere. Far sentire ai giocatori
che una sconfitta, per quanto deprecabile e dolorosa, non può incrinare quel
rapporto fatto di stima e di fiducia che lega un vero sostenitore o, se
preferite, tifoso, alla squadra.
Voglio citare un piccolo episodio. Ieri a Mogliano I
Cadetti hanno disputato l’ultimo incontro della loro trionfale regular season.
Tra il pubblico c’era anche Luca Nostran a fare il tifo, da bravo toso qual è.
E’ passato in tribuna a salutare e non ho mancato di chiedergli come andasse.
Mi riferivo a come stesse fisicamente, in quanto so per passata esperienza che
il “giorno dopo” spesso vengono fuori le botte del “giorno prima”, fino ad
allora rimaste sopite. La sua risposta è stata “direi proprio niente bene”. E’
chiaro che non stesse alludendo alle botte, ma al morale. E’ questo il rischio
maggiore. Che i ragazzi si facciano prendere dallo sconforto. E’ questo che i
sostenitori, gli amici, la dirigenza, il gruppo ristretto che forma lo staff
devono evitare a ogni costo. La perdita di fiducia e di autostima. Se il 21
maggio vogliamo avere chances di rivincita per ribaltare il risultato l’unica
via da percorrere è ricostruire la fiducia. Ricostruire la convinzione di
potercela fare. Facendo tabula rasa e voltando pagina.
La “remuntada”, come dicono dalle parti di
Barcellona, è possibile.
Primo: bisogna vincere.
Secondo: bisogna vincere con bonus.
Terzo: bisogna vincere con bonus e segnare almeno 16
punti più di loro.
Quarto: bisogna vincere con bonus, segnare almeno 16
punti più di loro e marcare almeno 3 mete in più di loro.
Loro, loro, loro… già, perché dall’altra parte ci
sono “loro”. E’ con “loro” che bisogna fare i conti. I rovigotti, che dio li
abbia in gloria. E “loro” non saranno affatto d’accordo a mollare il tesoretto
forse imprevisto, forse inaspettato, che si sono trovati per le mani sabato
scorso. Da qui a quindici giorni sapranno gestirlo il tesoretto o se lo faranno
sfilare dalle mani da quindici tuttoneri decisi a mettere in scena una
clamorosa "remuntada" (de noialtri)?
Staremo a vedere, ma intanto, come sempre, Forza
Neri! Forza Petrarca!
Angelo
Volpe
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