In questo numero ribadiamo alcuni concetti che ci sono cari, in merito a ciò che significa essere tifoso della propria squadra.
Diamo spazio ad una bella iniziativa proposta dalle Ombre Nere, volta all’integrazione di persone diversamente abili e con l’occasione parliamo del Weelchair Rugby (il rugby in sedia a rotelle) rappresentato ai recenti mondiali di Lignano da una squadra padovana.
Forniamo poi il resoconto del Campionato Under 23, con la classifica aggiornata, ed i risultati delle Under 16 (riposavano la Under 20 e la 14).
Per quanto alle notizie del minirugby (Under 12-10-8) ci piacerebbe che qualcuno di voi inviasse in redazione i risultati accompagnandoli ad un breve commento (bastano due righe). Più volte abbiamo sollecitato ma fatichiamo sempre a ottenere qualcosa.
Ci dispiace perché ci parrebbe giusto dare un po’ di spazio anche alle attività dei piccoletti bianconeri.
Buona lettura.
Il link per sfogliare il BRN 040
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La Redazione del BRN
Caro Enrico
RispondiEliminale mie congratulazioni per la sincerità e la pacatezza del tuo pezzo "A ciascuno il suo", per la tranquillità e la decisione con la quale hai preso le tue posizioni. Poi quel pezzo non lo hai lasciato a Mileno....
Non condivido tutto quello che scrivi ma è bello che ci sai una voce così, indipendentemente se uno la condivide o no. In passato del resto mi sono già preso una reprimenda sul tuo giornale ma, tu sai, a me piace il dibattito ed apprezzo chi lo stimola e lo difende.
Allora dico qui brevemente la mia.
Sul discorso della tifoseria io penso che la la Società abbia maggiori responsabilità di quelle che tu citi. La attuale mancanza di una base di "tifosi" dimostra, ce ne fosse bisogno, come il Petrarca ha perso oramai definitivamente anche il treno del "Campione di Italia".
Campioni lo sono stati alla grande i ragazzi in campo, ah quelli si sono stati dei veri grandi Campioni d'Italia e lo sono tutt'ora per come difendono quello'ovale e lo scudetto sulla maglia. La Società nisba, negativo. Sappiamo tutti e più volte abbiamo scritto quale sia il problema, il Petrarca è uno statico ghiacciolo e nessuno brama di abbracciare e coccolare un "ghiacciolo" (di questa stagione poi). Non puoi pretendere pathos e trasporto dallo "spettatore" petrarchino, non puoi pretendere fedeltà e dedizione, non puoi pretendere elementi di passione. Non esistono e tanto meno sono mai esistiti da anni i presupposti per tutto questo, anzi negli ultimi anni la cosa si è ulteriormente intristita. Ci vuole ben altro per creare passione ma la cosa è completamente fuori dagli obiettivi societari. Niente di male (davvero) e bisogna prenderne atto.
Sul caso di Filippo Giusti ho già scritto che la penso come te. Mi dispiace ti/ci abbiamo criticato per questa nostra posizione "perchè certe cose succedono solo a Padova" ma questa cosa dimostra la cosa di cui sopra: incapacità di vedere il mondo della comunicazione. In Gozzano qualcuno vive nel secolo scorso. Non c'è più Padova o la Guizza da quando c'è il web. Vediamo infatti come è andata: la notizia della Procura Anti-doping è stata pubblicata la sera stessa con tutte le cautele da diversi giornalisti, che fanno il loro mestiere, prima di tutto su un gruppo facebook di appassionati di rugby che ha 1000 iscritti in tutta Italia. La notizia è da li rimbalzata fra le loro amicizie su FB e su Twitter fin a Google+ in tutta Italia. Il giorno dopo lo sapeva persino un calciofilo di Ravenna che lavora con me. A questa diffusione il giorno dopo si sono aggiunti stampa cartacea, blog, siti specializzati. Il mondo è così da tanto tempo ma pare al Petrarca non se ne rendano conto. Lo stesso rimbalzo comunicativo però lo ha anche avuto la smentita del Petrarca sul caso, anzi forse di più, e così la questione dei due mesi al Giusti. Su questa ultima cosa tutti hanno scritto più o meno quello che abbiamo scritto noi, comunque noi siamo stati i più buoni . Migliaia di appassionati ovali in Italia hanno seguito la cosa e TUTTI sanno che il Giusti è pulito, assolutamente pulito ma... forse si farà due mesi di squalifica!!! C'è bisogno di commenti ?
In tutti i casi la richiesta di omertà non funziona in Italia da parecchi decenni, pretenderla in questo caso a me sembra pure sgradevole.
Forza Boccaccio e Forza Petrarca, sempre!
Come inevitabilmente succede anche nelle migliori famiglie, capita che le idee talvolta divergano. Questo è il caso, in cui non mi sento di condividere in toto quanto scritto dall’amico Enrico nell’articolo sulla scarsità di tifosi allo stadio.
RispondiEliminaPer me il rugby e il Petrarca sono una passione come la musica o la corsa. Per le mie passioni sono disposto a fare dei sacrifici, ma questi devono essere ripagati da una soddisfazione personale, altrimenti la passione diventa calvario.
Quindi, se è vero che il primo dovere del tifoso è sostenere la squadra, è anche vero che tale sostegno deve rappresentare un piacere: se molti tifosi del Petrarca hanno scelto di andare a Treviso piuttosto che a Reggio qualcosa vorrà dire, e a mio avviso la qualità del rugby c’entra fino ad un certo punto.
C’entra maggiormente, secondo me, il fatto che chi viene allo stadio ci vuole stare bene, desidera un ambiente per quanto possibile accogliente e cordiale, dove si possa, tra le altre cose, fare una chiacchera cogli amici, bere una birra e vedere una partita dignitosa.
E’ una questione con molte sfaccettature, che coinvolge persone e strutture, perché ovviamente sarebbe più piacevole avere una club house come quella dello Zaffanella o giocatori e dirigenti che si fermano a scambiare una battuta coi tifosi come fanno i Cavalieri.
L’elenco potrebbe essere lunghissimo se non ridondasse il punto principale: a nessuno piace andare in un posto brutto e pieno di persone scorbutiche, soprattutto nel weekend.
Condivido invece la parte in cui Enrico dice che noi siamo tifosi, e svolgere le mansioni del dirigente non è una cosa che ci spetta.
Verissimo, ma ci spetta la parte del tifoso, che può e deve bellamente decidere di starsene a casa (o andare a Treviso!) quando ritiene che l’offerta della sua squadra del cuore non sia più all’altezza.
Capisco bene che quest’atteggiamento è antipatico ai dirigenti e demotivante per i giocatori, ma è la manifestazione più chiara e diretta di un problema, che come tale va risolto da chi ha il peso decisionale e le capacità di farlo: andare allo stadio sempre e comunque denota ovinità più che passione, e non fa che cullare certe persone nell’illusione che tutto vada bene.