Il primo italiano a marcare meta a Twickenham.
Venerdì alle 10:45, le esequie nella chiesa
del Torresino
Me lo ricordo così.
I postumi di un infortunio
casalingo sono stati fatali al fisico, già minato dagli acciacchi dell’età,
di Ivano Ponchia, indimenticato giocatore del Petrarca della prima ora.
Era nato il 23 settembre
1931, aveva quindi appena compiuto la bella età di 82 anni.
Nel corso della sua carriera
agonistica, aveva avuto l’onore di partecipare a 7 incontri della Nazionale
Maggiore, negli anni compresi tra il 1955 e il 1958, azzurro nr. 150.
Il suo debutto
avvenne a Grenoble, il 10 aprile 1955, contro la Francia (24-0).
In quella squadra era con Alberto
Comin, Luigi “Ciano” Luise e Toni Danieli, rappresentanti del Petrarca nato
appena qualche anno prima.
L’ultima partita con gli Azzurri, quella di Napoli, sempre contro i galletti, il 7 aprile 1958
(3-11).
Con lui in quell’incontro
anche i petrarchini Matteo Silini, Riccardo Saetti e Luigi “Ciano” Luise.
Tuttavia, Ivano Ponchia rimarrà
nella storia del rugby italiano per essere stato il primo giocatore
azzurro ad aver marcato meta nello stadio inglese di Twickenham.
Per chi non se lo ricorda,
Ivano era un pezzo d’uomo molto alto, gambe leggermente ricurve dal peso
e dall’età, trascinava un po’ il passo. Un tempo, però, il suo incedere deve
essere stato molto elegante, lo si intuiva. Un uomo che,
in gioventù, era stato sicuramente nelle mire di molte, tra il gentil sesso.
Avrebbe potuto fare l’attore, in quei film americani in bianco e nero degli
anni ’50, dove il protagonista era un uomo d’azione e rubacuori al tempo
stesso. Un tipo alla Gary Cooper o alla Cary Grant, per intenderci.
Sempre elegante nel
vestire, era solito comunicare fischiettando, dato che la voce
l’aveva abbandonato da tempo. Sempre presente a tavola, al mercoledì dei
Petrarchi e ad ogni manifestazione organizzata dagli “old” del Petrarca. Sino a
qualche tempo fa arrivava alla Guizza a cavallo del suo scooter fin
davanti la porta del bar, in barba ai divieti imposti, che per lui facevano
eccezione. Qualche mese fa, cadendo, si infortunò al ginocchio ma, ripresosi, non
perse la sua abitudine di frequentare la Guizza.
Le prime volte che lo vidi,
fu quando iniziai a seguire le partite del Petrarca al Plebiscito.
Mi colpì subito per le sue movenze, lente, a “scalare”
le ripide rampe delle gradinate dello stadio, sollecitato dall’ incalzare
burlone dei suoi Petrarchi “no stà corere
Ivano, va pian!”
Indelebile, rimarrà per
tutti noi il suo sguardo aperto, sempre sorridente mai cupo,
anche quando il segno dell’età e dei recenti infortuni ne avevano compromesso
l’integrità fisica.
Ora Ivano si è unito ai
suoi amici e compagni di tante epiche avventure, figlio di un rugby
d’altri tempi.
Insieme giocheranno la
loro partita più bella, quella che non finirà mai: quaggiù l’arbitro, dopo
80 minuti manda tutti negli spogliatoi, lassù si gioca per l’eternità.
E il terzo tempo? direte
voi.
Roba per noi: a che serve, lì, se la loro
partita non finisce mai?
Ciao Ivano, divertiti!
Enrico DANIELE
Gioco a rugby da 7 anni, e il mio sogno, oltre ad arrivare a grandi livelli, è di far rinascere il cognome ponchia nel mondo del rugby italiano
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