Aiutiamo
la ricerca.
L’amico Angelo Volpe mi invita a pubblicare un post
per sensibilizzare l’opinione pubblica su una forma di distrofia muscolare,
dette di “Duchenne”.
Lo faccio con piacere invitandovi a donare un contributo
per la ricerca.
Occupate qualche minuto del vs tempo
per cliccare questo link e guardare il video. E poi regolatevi come meglio
credete…
Dal 10 al
24 febbraio chiamando da rete fissa o inviando un sms al 45503 -
da cellulari personali Tim, Vodafone, Wind, 3, Poste Mobile, CoopVoce e Nòverca
per donare 2 euro, oppure da rete fissa Telecom, Fastweb per donare 2 o 5 euro
o TWT per donare 2 euro. - sostenete la campagna di Parent Project onlus "SOStienilo
anche tu. Ha la distrofia di Duchenne". Ci aiuterete a finanziare
un importante studio clinico sui fattori di rischio per la perdita di densità
ossa nella distrofia di Duchenne.
La
distrofia di Duchenne è la più frequente e la meglio conosciuta tra le
distrofie muscolari dell'infanzia. Ha un decorso relativamente rapido e attivo.
Essa è anche detta distrofia muscolare generalizzata dell'infanzia. Colpisce
quasi esclusivamente il sesso maschile durante i primi anni di vita,
l'incidenza è stata calcolata a 1 su 3500 maschi. Costituisce il 50% di tutte
le forme distrofiche.
La distrofia di Duchenne viene di solito riconosciuta al terzo anno di vita, ma almeno la metà dei pazienti presenta i segni della malattia prima che inizi la deambulazione.
I primi segni che attirano l'attenzione sono l'incapacità di camminare o correre quando queste funzioni avrebbero già dovuto essere acquisite; oppure, una volta che queste attività vengano acquisite, i bambini appaiono meno attivi della norma e cadono facilmente.
Con il passare del tempo aumentano le difficoltà a camminare, correre, salire le scale ed è sempre più evidente la deambulazione anserina. I primi muscoli ad essere colpiti sono il quadricipite, l'ileopsoas e i glutei. I muscoli del cingolo scapolare e degli arti superiori vengono colpiti successivamente.
L'ingrossamento dei polpacci e di altri muscoli è progressivo nei primi stadi della malattia, ma alla fine la maggior parte dei muscoli, anche quelli originariamente ingrossati, tende a ridursi di volume.
Gli arti sono solitamente ipotonici e flaccidi, ma con il progredire della malattia compaiono contratture conseguenti al mantenimento degli arti nella stessa posizione e al mancato bilanciamento fra agonisti ed antagonisti.
I riflessi tendinei dapprima diminuiscono e poi scompaiono parallelamente alla perdita delle fibre muscolari; gli ultimi a scomparire sono i riflessi achillei. Le ossa divengono sottili e demineralizzate. I muscoli lisci sono risparmiati, mentre il cuore è colpito e possono apparire vari tipi di aritmia. In casi rari si osserva un modesto ritardo mentale non progressivo.
Solitamente la morte è dovuta ad insufficienza respiratoria, infezioni polmonari o scompenso cardiaco. L'aspettativa di vita dipende sempre dal soggetto e negli ultimi dieci anni le prospettive di vita si sono allungate notevolmente grazie alla ventilazione notturna; se decenni fa alcuni medici sostenevano che un paziente affetto da DMD potesse difficilmente superare la seconda decade, oggi ci sono molti casi di pazienti con Distrofia Muscolare di Duchenne che vivono oltre il sessantesimo anno di età.
Non esiste terapia conosciuta. L'unica strada è la ricerca, condotta al fine di trovare una terapia in grado di ridurre gli effetti dannosi di questa malattia. Ci sono diverse strade in questo momento sotto intensa sperimentazione che includono la terapia del rimpiazzo con le cellule staminali e geni e l’exon-skipping.
La distrofia di Duchenne viene di solito riconosciuta al terzo anno di vita, ma almeno la metà dei pazienti presenta i segni della malattia prima che inizi la deambulazione.
I primi segni che attirano l'attenzione sono l'incapacità di camminare o correre quando queste funzioni avrebbero già dovuto essere acquisite; oppure, una volta che queste attività vengano acquisite, i bambini appaiono meno attivi della norma e cadono facilmente.
Con il passare del tempo aumentano le difficoltà a camminare, correre, salire le scale ed è sempre più evidente la deambulazione anserina. I primi muscoli ad essere colpiti sono il quadricipite, l'ileopsoas e i glutei. I muscoli del cingolo scapolare e degli arti superiori vengono colpiti successivamente.
L'ingrossamento dei polpacci e di altri muscoli è progressivo nei primi stadi della malattia, ma alla fine la maggior parte dei muscoli, anche quelli originariamente ingrossati, tende a ridursi di volume.
Gli arti sono solitamente ipotonici e flaccidi, ma con il progredire della malattia compaiono contratture conseguenti al mantenimento degli arti nella stessa posizione e al mancato bilanciamento fra agonisti ed antagonisti.
I riflessi tendinei dapprima diminuiscono e poi scompaiono parallelamente alla perdita delle fibre muscolari; gli ultimi a scomparire sono i riflessi achillei. Le ossa divengono sottili e demineralizzate. I muscoli lisci sono risparmiati, mentre il cuore è colpito e possono apparire vari tipi di aritmia. In casi rari si osserva un modesto ritardo mentale non progressivo.
Solitamente la morte è dovuta ad insufficienza respiratoria, infezioni polmonari o scompenso cardiaco. L'aspettativa di vita dipende sempre dal soggetto e negli ultimi dieci anni le prospettive di vita si sono allungate notevolmente grazie alla ventilazione notturna; se decenni fa alcuni medici sostenevano che un paziente affetto da DMD potesse difficilmente superare la seconda decade, oggi ci sono molti casi di pazienti con Distrofia Muscolare di Duchenne che vivono oltre il sessantesimo anno di età.
Non esiste terapia conosciuta. L'unica strada è la ricerca, condotta al fine di trovare una terapia in grado di ridurre gli effetti dannosi di questa malattia. Ci sono diverse strade in questo momento sotto intensa sperimentazione che includono la terapia del rimpiazzo con le cellule staminali e geni e l’exon-skipping.
Enrico
DANIELE
Grazie della pubblicazione. Queste tremende malattie sembrano cose che capitano agli "altri", invece possono capitare anche a chi ci è vicino, un amico, un parente, un compagno di squadra. Solo allora ci si rende conto di quanto importante sia sostenere la ricerca scientifica, specie nel campo della lotta alle malattie infantili. Perché la prima sensazione è quella di essere impotenti e senza armi. Ma allora, forse, è già troppo tardi.
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