La sconfitta
di Cardiff alimenta molte discussioni in rete.
Ma
non c’è nulla da gioire: è una sconfitta per tutto il rugby italiano.
Prendi
i soldi e scappa.
Cardiff
Blues vs Rugby Rovigo 104-12.
Una
partita che è entrata nella storia di entrambe le squadre, quella di
venerdì tra Cardiff Blues e Rugby Rovigo, finita per 104-12 in favore dei
gallesi. E se i padroni di casa hanno festeggiato un record positivo (mai nella loro storia avevano accumulato un
margine così pesante e segnato così tanti punti in Europa), i Bersaglieri hanno
subito la peggior sconfitta in 80 anni
di storia rossoblu. Non solo, le 16 mete segnate sono un nuovo record anche per la European Challenge Cup.
Ho
visto qualche padovano gioire per il risultato astronomico dei rovigotti.
Capisco, ma fino a un certo punto.
L'umiliazione del Rovigo è l'umiliazione
di tutto il rugby italiano. Che c'è da gioire?
Il
giorno dopo la disastrosa debacle il Presidente Zambelli tuona contro la Fir, rea di "aver lasciato soli i
club" ad affrontare impegni così gravosi. Siamo alle solite. A
Rovigo, quando le cose vanno male si va sempre alla ricerca della giustificazione, dello scarico di responsabilità.
Accampare scuse è il secondo sport
cittadino dopo il rugby. Dimenticando quello che è il nocciolo della
questione: l'argent de poche, per dirla come i francesi. I soldi, gli “schei”,
insomma. Ovvero le centinaia di migliaia di euro che i club che partecipano
alle competizioni europee ricevono dal
bureau europeo per tramite della Federazione. Inutile nascondersi dietro un
dito. Quel finanziamento a fondo perduto è
l'unico motivo di interesse per i club italiani che partecipano alla
Challenge Cup. Non certo la competizione sotto il profilo tecnico, visto l'enorme divario "tra noi e
loro". Non certo la possibilità di fare esperienze, dal momento che
tornare a casa con oltre cento punti sul groppone dubito che possa essere giudicata un'utile esperienza. Non certo la
possibilità di fare incassi, in quanto sugli spalti ci sono sempre i soliti quattro
gatti, se tutto va bene.
Piuttosto
onestamente, invece, il
tecnico dei rossoblu Filippo Frati
si è detto "colpevole" di
aver impostato la partita su possesso palla e ritmo, piuttosto che su una
difesa arroccata e col coltello fra i denti. Traduzione: a difendere bene e duramente si corre il rischio
di farsi male e l'obiettivo non dichiarato ufficialmente era quello di non
riempire l'infermeria. Poi non bisogna stupirsi delle 16 mete (una ogni cinque
minuti...). Perché -diciamolo-della
Challenge Cup non importa niente a nessuno, mentre il vero obiettivo è il campionato di
Eccellenza.
E domenica 1° febbraio c'è il derby
contro il Petrarca a Padova...
A chi giova venire
seppelliti sotto sedici mete? Che tipo
di insegnamenti può portare ai giocatori e al club, per non parlare del
movimento rugbystico nazionale? Quale
appeal internazionale può avere il rugby italiano che, dalla Celtic Pro12
in giù, becca montagne di punti ad ogni partita (ieri il Benetton ne ha
incassati 53..., così per gradire). Solo
imbarazzo e umiliazioni.
E
in Europa ne hanno le scatole piene.
Il
presidente Zambelli, tra una lagna e una polemica, invece mette in cassaforte 3-400 mila euro, e scusate se è
poco. Anzi, si lamenta pure. Per cui forse farebbe meglio a stare zitto, invece di accendere polemiche a tutto
spiano a destra e a manca.
Come
diceva Woody Allen nel suo fortunato
film degli anni 70: “Prendi i soldi e
scappa”.
Angelo Volpe
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