Non solo emozioni sportive…
Lo abbiamo scoperto strada facendo.
Andare a L’Aquila era un desiderio di tutti.
Non solo per l’evento sportivo in se, ma per toccare con mano ciò che le cronache ci hanno mostrato dal 2009 ad oggi.
Quasi non ci credessimo, nuovi Tommaso.
Già, perché per chi non se ne fosse accorto, sono passati più di 3 anni da quella tragica notte del 6 aprile 2009.
Ma è come se fosse successo ieri.
Vi sembrerà impossibile, ma al nostro arrivo, L’Aquila ci è sembrata una città morta.
Il centro cittadino, la famosa “zona rossa”, quasi completamente deserto.
Pochissime le persone che abbiamo incontrato nella nostra passeggiata mattutina, prima della partita, quasi esclusivamente turisti.
La pioggia che cadeva incessante dal mattino, ha forse enfatizzato il clima dal sapore “post bellico” che si respirava, ma vedere le crepe nelle case, nei palazzi, nelle chiese, nei negozi desolatamente vuoti e abbandonati, e le “ferite” che il sisma si è lasciato dietro, ci ha toccato profondamente il cuore. Con difficoltà le ragazze hanno trattenuto le lacrime ed anche noi uomini avevamo un groppo alla gola. Quasi non riuscivamo a parlare. Camminavamo in silenzio. Tutti quei ponteggi di legno e acciaio, quelle cinture che abbracciavano interi palazzi per tener strette mura antiche e prive ormai di proprio sostegno, ci hanno colpito in fondo. Ammutoliti. Si respirava un’atmosfera surreale, partecipi del dolore di quelle persone che, quella notte, sono state vittime di una sciagura annunciata, ma colpevolmente sottovalutata.
Mentre scrivo, il giornale radio annuncia che Obama ha allertato più di un milione di persone per il pericolo “Uragano Sandy” che si sta abbattendo anche su New York: “La mia priorità è la sicurezza e la vita della gente” sono state le sue parole a chi gli chiedeva se era preoccupato per le prossime elezioni.
In Italia, invece, sino d’ora le priorità sono state evidentemente altre. In molti, troppi, si sono disinteressati di L’Aquila. Specie coloro che hanno continuato a lucrare, impuniti, per arricchirsi (grazie alle loro posizioni privilegiate) sulle spalle degli italiani e degli aquilani stessi. E’ vergognoso ed indegno che simili cose possano accadere in una società che si definisce “moderna” e all’avanguardia. E’ disumano ed inaccettabile un simile atteggiamento.
Due gli episodi che non dimenticheremo.
Un cane, sembrava un pastore tedesco, accovacciato davanti le vetrine di un negozio chiuso. Gli occhi pietosi e il muso triste, come quello di uno che sta aspettando qualcuno che sà non arriverà mai. Era lì, a guardia di una “tomba”. Ci siamo avvicinati, lo abbiamo accarezzato. Non ha mosso ciglio.
Un negozio, forse un bar: le vetrine completamente tappezzate di “giallini” (i post-it adesivi) con le “dediche”, gli “arrivederci a presto”… già… a presto sì, ma quando?
Finalmente troviamo un bar caffetteria aperto.
Entriamo. Dentro una bellissima ragazza di colore, una folta chioma scura e riccia. Due occhi che sorridevano. Quello che sembrava essere il suo titolare ci ha raccontato il loro dramma: “Noi restiamo qui, finchè ce la facciamo…poi non si sa…”. Gli abbiamo dato il nostro cappellino del Petrarca per una foto. Il caffè era buono, i dolcetti alle mandorle che ci hanno offerto, anche.
Ci siamo sentiti inermi, disarmati, ma gli abbiamo fatto gli auguri, sperando di ritrovarlo il prossimo anno, magari con la pasticceria piena di gente e i tavolini fuori, sul selciato.
Eravamo partiti con l’intenzione di vedere una partita di rugby, ma in fondo era L’Aquila che volevamo visitare.
Un po’ ci è dispiaciuto vincere, ma almeno abbiamo portato il nostro sorriso allo stadio e la nostra solidarietà. E anche i nostri dolci: gli zaeti, i croccantini al cioccolato, i baci di dama e le gubane friulane con la grappa. Una troupe della Rai, allo stadio per un servizio sulla “Solidarietà e il rugby” ci ha chiesto di poterci riprendere: neanche a farlo apposta!
Abbiamo apprezzato la loro sincera ospitalità e li abbiamo invitati a Padova dove li aspetteremo e con loro faremo festa, come si meritano, nella speranza che le cose, per loro, siano finalmente cambiate.
Rugby e solidarietà.
Forza L’Aquila! Forza Petrarca. Sempre!
Enrico DANIELE
Uniti per passione! Uniti per il rugby.
Foto di gruppo a Senigallia, pronti per la partenza
Il cane a guardia del negozio
Le bare allineate, in un poster che ricorda i funerali delle vittime
I segni delle ferite
Ancora segni del dolore
Le vetrine tappezzate dai post-it
Il bar caffetteria aperto
Il titolare e la sua collaboratrice
I ponteggi di sicurezza dei VVFF di Trento e il loro "Pinocchio" di legno
Grazie per aver scritto questo articolo. Leggendolo, riga dopo riga, ho idealmente attraversato il corso della città, dalla fontana luminosa fino a piazza mercato . Vengo da un paesino non molto lontano ed ho vissuto il terremoto: ogni volta che si parla de L'Aquila non posso non commuovermi
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