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mercoledì 3 luglio 2013

ANDREA MORETTI: “UNA SFIDA PERSONALE”

L’intervista al coach del Petrarca.
Impressioni e bilanci della prima stagione da primo allenatore.

Moretti con la polo del 32° Bottacin
(foto Enrico Daniele)
Avevo in mente da tempo di fare due chiacchiere con Andrea Moretti, il “Moro”, ma tra una cosa e l’altra non ero riuscito a ritagliare un mio quarto d’ora di libertà che coincidesse anche con un suo momento di relax.
Sì, perché (e lo dico a quelli che pensano che l’allenatore sia impegnato solo durante gli allenamenti o in campo durante la partita), il mestiere di Andrea Moretti porta via un sacco di tempo. E, a giudicare dal poco tempo che il “Moro” lascia alla sua vita al di fuori del Centro Memo Geremia, beh, vi assicuro che il suo è veramente un lavoro impegnativo.
Ne approfitto, e lo ringrazio, dei preziosi minuti che Andrea mi dedica prima della sua partenza per il Sud Africa, e salgo nel suo ufficio per fargli qualche domanda.
Per me, subito una gradevole sorpresa: Moretti indossa la polo grigia del 32° Bottacin, prestigioso torneo che si organizza il Primo Maggio al Memo Geremia, nel quale ho avuto l’onore di far parte, quest’anno, dello staff organizzativo.
Il fatto mi rinfranca, dato che è la prima volta in assoluto che lo intervisto e, nonostante tutto, sono anche un po’ emozionato.
Brn
Che impressione ti fa essere l’allenatore del Petrarca dopo essere stato un giocatore tra i bianconeri?
Am
Tutte le mattine, quando arrivo alla Guizza e mi siedo alla mia scrivania, adotto una specie di rituale. Prima di fare qualsiasi cosa, mi prendo 30 secondi di tempo e mi dico: “Caspita! Sono l’allenatore del Petrarca!”. Poi mi guardo attorno, rifletto, e provo un piacere enorme, misto però all’apprensione che un ruolo così importante per me (n.d.r. per Moretti è la prima volta da Capo Allenatore). Il Petrarca non è una società qualsiasi e prima di me, sulla panchina si sono seduti allenatori importanti, di grande levatura, e in campo sono scesi nomi che hanno fatto la storia del rugby.
Brn
Come è stato percepito il tuo arrivo da parte dell’ambiente petrarchino, dei tifosi in particolare?
Am
Debbo dire che ho sentito subito molto calore, sin da quando, per la prima volta, li ho incontrati a Modena alla finale del Campionato di Under 20. Ho avuto la sensazione che tutti avessero ritrovato in me un vecchio amico. Una bella sensazione. E’ stato subito un grande aiuto per me, uno stimolo per cominciare subito a far bene.
Brn
Da questo punto di vista mi pare che la stagione appena conclusa per te e per il Petrarca, si possa considerare più che positiva. I progetti societari erano quelli di ricostruire una squadra dopo l’era Presutti, che ha lasciato in eredità al Petrarca uno scudetto vinto dopo tanto tempo. Hai sentito il peso di questa eredità?
Am
No, non esattamente. Conosco Pasquale da molti anni ed ho apprezzato il suo lavoro. Fa parte della storia del Petrarca: ha vinto scudetti da giocatore e da allenatore. Probabilmente aveva finito il suo ciclo qui al Petrarca.  
Essere qui al Petrarca per me è una specie di sfida. Una sfida personale, con me stesso, che dopo 4 anni da vice allenatore, ora mi trovo in prima linea sulla panchina prestigiosa del Petrarca. Una sfida che mi permetterà di capire quali siano i miei reali mezzi e se questa è veramente la mia strada per il futuro.
Brn
Sei arrivato e, con il tuo staff (ndr Rocco Salvan, Giovanni Sanguin) avete lasciato subito un’impronta nuova, che al Petrarca prima non si era mai vista. A mio parere hai (avete) vinto la prima sfida: quella di mettere assieme un gruppo di ragazzi giovani, con poca esperienza nella massima serie, insieme a qualche elemento più maturo. A un certo punto della stagione il Petrarca sembrava potesse rimanere dentro le prime quattro. Ne eri convinto? Cosa è mancato ai bianconeri per rimanere fra le prime della classe?
Am
All’inizio non era scontato che raggiungessimo subito, al primo anno, un traguardo importante (ndr il Petrarca ad inizio stagione era dato dai più posizionato intorno alla 6° posizione in campionato). Con tanti giovani, di qualità, ma alla prima esperienza vera, l’obiettivo era capire le loro effettive potenzialità. Con Rocco (ndr Salvan), abbiamo deciso di cominciare creando uno spirito di squadra, facendo in modo che i giocatori dentro e fuori lo spogliatoio, si completassero a vicenda, fossero un gruppo unito. E pensavamo fosse più duro, ma con la consapevolezza che via via abbiamo acquisito, ci siamo accorti che si poteva formare un buon gruppo. Date le caratteristiche dei nostri giocatori, abbiamo impostato una preparazione che ci mettesse subito in condizione di affrontare gli avversari con i nostri mezzi (ndr agilità e velocità). E così è stato. Le prime 5 partite hanno sorpreso un po’ tutto l’ambiente e noi per primi. E ci ha dato carica. Questa è stata la “benzina” che ci ha permesso di affrontare, nel seguito della stagione, anche impegni più difficili, nonostante le sconfitte cocenti.
Ci è mancata anche un po’ di fortuna, anche se la fortuna te la devi creare da te, e quando ti arriva la devi sfruttare al massimo. Emblematica la partita con Viadana allo Zaffanella: a pochi minuti dalla fine la fortuna ci ha messo in mano il quarto posto che, purtroppo, non abbiamo raggiunto, senza per questo addossare responsabilità a nessuno in particolare. E probabilmente la fortuna la sai sfruttare al massimo quando acquisisci maturità: forse è questo che è mancato al giovane Petrarca di quest’anno. Un piccolo momento di maturità in più. A Viadana, ma anche in altre occasioni (ndr a Rovigo nel derby, a Mogliano).
Brn
Ecco, hai parlato di ambiente, di gruppo: come trovi oggi, a fine stagione, il gruppo Petrarca, lo spogliatoio? Come hai visto l’integrazione degli stranieri?
Am
Ho trovato un gruppo di amici, giovani e vecchi amalgamati, senza invidie, motivati e con grande disciplina comportamentale. Una squadra che ha sempre lottato e non era solo un’impressione: era impegno vero.
Gli stranieri si sono integrati molto bene all’interno dello spogliatoio. Unico rammarico di non aver potuto sfruttare di più le grandi qualità di Garth Ziegler. Purtroppo le regole impongono una limitazione nell’utilizzo degli stranieri in campo e Garth ha dovuto cedere il posto agli italiani (ndr che tra l’altro hanno dimostrato di avere grandissime qualità), comportandosi sempre e comunque da grande professionista, allenandosi ed impegnandosi sempre insieme alla squadra.
E’ stato importantissimo il ruolo di Tyrone Holmes che, arrivato in maniera abbastanza casuale dopo l’infortunio di Ansell (ndr non si era certi nel suo recupero) ha fatto da “papà” ai flanker (ndr Conforti e Sarto in particolare): molto spesso insieme, dentro e fuori dal campo, ha formato con loro un nucleo forte all’interno del gruppo. Il suo comportamento e il suo alto standard, rispetto ai livelli dell’Eccellenza, ha dato un notevole contributo a migliorare il gioco delle terze linee.
E’ stato un punto di riferimento, come lo erano gli stranieri del passato che arrivavano in Italia (ndr Pardies, Campese, Botha, per citarne qualcuno). A questo proposito, non potresti mai chiedere ad uno straniero se sia contento di diventare “Campione d’Italia”. Sarà sicuramente per lui un onore esserlo, ma non sarà mai come se avesse vinto il campionato della sua nazione. E il concetto che dobbiamo fare capire agli stranieri che arrivano in Italia è un’altro. A loro dobbiamo far capire che con il loro contributo noi (ndr italiani) possiamo diventare “Campioni d’Italia” e il loro obiettivo deve essere questo: aiutarci a crescere per diventare “Campioni d’Italia”. Per loro deve essere un piacere far raggiungere obiettivi importanti alle squadre italiane. Un concetto che il Petrarca ha come obiettivo principale nella ricerca degli stranieri. Oggi la scelta non viene fatta solo ed esclusivamente su segnalazioni o tramite la visione di qualche filmato. Oggi tendiamo ad avere un approccio diretto con lo straniero, cerchiamo di capire se può condividere o meno i nostri obiettivi, indipendentemente dalle sue capacità tecniche. In questo momento il Petrarca sta percorrendo questa strada. E mi pare che gli stranieri arrivati al Petrarca quest’anno siano stati tutti di qualità, anche se, magari, non di altissimo profilo tecnico.
Brn
Mi dai lo spunto per una domanda che volevo comunque farti: la tua imminente partenza per il Sud Africa (ndr partirà nel pomeriggio) non sarà solo una visita turistica. Hai qualche “obiettivo” in testa? Stiamo parlando di mercato. Al Petrarca state cercando una prima linea, una seconda, un nr 8 ed un estremo. A che punto siamo?
Am
L’obiettivo del secondo anno del progetto iniziato la scorsa stagione è quello di riconfermare almeno l’80% dei giocatori della scorsa stagione, il che significa il 100% dei giovani, base sulla quale stiamo costruendo il Petrarca. Il progetto è stato pensato per migliorare l’utilizzo del vivaio del Petrarca e, per uno straniero che parte, ne arriveranno degli altri.
Come priorità nelle scelte dei nuovi innesti la do sicuramente alla prima linea. Abbiamo bisogno di un uomo di peso, di esperienza e qualità (ndr si parla di Staibano, che ha già visitato il Petrarca la scorsa settimana, ma non ha ancora dato una risposta alla società).
Stiamo cercando una seconda linea, straniera, che sostituisca Mathers. Abbiamo un paio di nominativi che stiamo valutando.
Non puntiamo ad un nuovo nr 8: Ansell non ha ancora sciolto le riserve su ciò che vuol fare e, pur non puntando su un suo eventuale utilizzo costante, la sua esperienza ci servirebbe per far crescere nel ruolo altri elementi, come ad esempio, Jacopo Sarto.
Nel ruolo di estremo stiamo cercando una figura che sostituisca Bortolussi, un giocatore che aveva nell’elemento “X-factor” la sorpresa che poteva mettere in seria difficoltà l’avversario. Un giocatore di esperienza per far crescere anche Mattia Bellini che ha molte buone qualità ma che deve maturare.
Complessivamente, per questi due ruoli (2°linea ed estremo), stiamo valutando quattro opzioni: due straniere e due italiane.
Brn
Il progetto quindi continua: sei qui per altri due anni, se non vado errato.
Am
Sì, se non mi cacciano prima! Scherzo, ovviamente. Io e Rocco abbiamo un contratto che ci lega ancora al Petrarca e vogliamo continuare a realizzare il progetto che abbiamo condiviso con la Società.
Brn
Allora ti faccio i miei auguri per un meritato periodo di vacanza, con la speranza di rivederti presto e con altre novità.
Am
Ti ringrazio. Ritornerò a Padova il 16 luglio e la squadra riprenderà la preparazione il 22.

Ci lasciamo, dopo la foto di rito anche perché il telefono di Moretti squilla incessantemente…
Novità per noi? Per ora no. Aspettiamo di vederlo tornare a metà luglio sperando che ci porti buone nuove!


Enrico DANIELE
Andrea Moretti (con Zorzi sulla sx) sotto il diluvio nella partita contro la Mantovani Lazio
(foto di Massimo Sardena)

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