L’intervista al coach del Petrarca.
Impressioni e bilanci della prima stagione da
primo allenatore.
Moretti con la polo del 32° Bottacin (foto Enrico Daniele) |
Avevo in mente da tempo di fare due chiacchiere
con Andrea Moretti, il “Moro”, ma tra una cosa e l’altra non ero riuscito
a ritagliare un mio quarto d’ora di libertà che coincidesse anche con un suo
momento di relax.
Sì, perché (e lo dico a
quelli che pensano che l’allenatore sia impegnato solo durante gli allenamenti
o in campo durante la partita), il mestiere di Andrea Moretti porta via un
sacco di tempo. E, a giudicare dal poco tempo che il “Moro” lascia alla sua
vita al di fuori del Centro Memo Geremia, beh, vi assicuro che il suo è
veramente un lavoro impegnativo.
Ne approfitto, e lo
ringrazio, dei preziosi minuti che Andrea mi dedica prima della sua partenza
per il Sud Africa, e salgo nel suo ufficio per fargli qualche domanda.
Per me, subito una
gradevole sorpresa: Moretti indossa la polo grigia del 32° Bottacin,
prestigioso torneo che si organizza il Primo Maggio al Memo Geremia, nel quale
ho avuto l’onore di far parte, quest’anno, dello staff organizzativo.
Il fatto mi rinfranca, dato
che è la prima volta in assoluto che lo intervisto e, nonostante tutto, sono
anche un po’ emozionato.
Brn
Che impressione ti fa essere
l’allenatore del Petrarca dopo essere stato un giocatore tra i bianconeri?
Am
Tutte le mattine, quando
arrivo alla Guizza e mi siedo alla mia scrivania, adotto una specie di rituale.
Prima di fare qualsiasi cosa, mi prendo 30 secondi di tempo e mi dico:
“Caspita! Sono l’allenatore del Petrarca!”. Poi mi guardo attorno, rifletto, e
provo un piacere enorme, misto però all’apprensione che un ruolo così
importante per me (n.d.r. per Moretti è la prima volta da Capo Allenatore). Il
Petrarca non è una società qualsiasi e prima di me, sulla panchina si sono
seduti allenatori importanti, di grande levatura, e in campo sono scesi nomi
che hanno fatto la storia del rugby.
Brn
Come è stato percepito il
tuo arrivo da parte dell’ambiente petrarchino, dei tifosi in particolare?
Am
Debbo dire che ho sentito
subito molto calore, sin da quando, per la prima volta, li ho incontrati a
Modena alla finale del Campionato di Under 20. Ho avuto la sensazione che tutti
avessero ritrovato in me un vecchio amico. Una bella sensazione. E’ stato
subito un grande aiuto per me, uno stimolo per cominciare subito a far bene.
Brn
Da questo punto di vista mi
pare che la stagione appena conclusa per te e per il Petrarca, si possa
considerare più che positiva. I progetti societari erano quelli di ricostruire
una squadra dopo l’era Presutti, che ha lasciato in eredità al Petrarca uno
scudetto vinto dopo tanto tempo. Hai sentito il peso di questa eredità?
Am
No, non esattamente. Conosco
Pasquale da molti anni ed ho apprezzato il suo lavoro. Fa parte della storia
del Petrarca: ha vinto scudetti da giocatore e da allenatore. Probabilmente
aveva finito il suo ciclo qui al Petrarca.
Essere qui al Petrarca per
me è una specie di sfida. Una sfida personale, con me stesso, che dopo 4 anni
da vice allenatore, ora mi trovo in prima linea sulla panchina prestigiosa del
Petrarca. Una sfida che mi permetterà di capire quali siano i miei reali mezzi
e se questa è veramente la mia strada per il futuro.
Brn
Sei arrivato e, con il tuo
staff (ndr Rocco Salvan, Giovanni Sanguin) avete lasciato subito un’impronta
nuova, che al Petrarca prima non si era mai vista. A mio parere hai (avete)
vinto la prima sfida: quella di mettere assieme un gruppo di ragazzi giovani,
con poca esperienza nella massima serie, insieme a qualche elemento più maturo.
A un certo punto della stagione il Petrarca sembrava potesse rimanere dentro le
prime quattro. Ne eri convinto? Cosa è mancato ai bianconeri per rimanere fra
le prime della classe?
Am
All’inizio non era scontato
che raggiungessimo subito, al primo anno, un traguardo importante (ndr il
Petrarca ad inizio stagione era dato dai più posizionato intorno alla 6°
posizione in campionato). Con tanti giovani, di qualità, ma alla prima
esperienza vera, l’obiettivo era capire le loro effettive potenzialità. Con
Rocco (ndr Salvan), abbiamo deciso di cominciare creando uno spirito di
squadra, facendo in modo che i giocatori dentro e fuori lo spogliatoio, si
completassero a vicenda, fossero un gruppo unito. E pensavamo fosse più duro,
ma con la consapevolezza che via via abbiamo acquisito, ci siamo accorti che si
poteva formare un buon gruppo. Date le caratteristiche dei nostri giocatori,
abbiamo impostato una preparazione che ci mettesse subito in condizione di
affrontare gli avversari con i nostri mezzi (ndr agilità e velocità). E così è
stato. Le prime 5 partite hanno sorpreso un po’ tutto l’ambiente e noi per
primi. E ci ha dato carica. Questa è stata la “benzina” che ci ha permesso di
affrontare, nel seguito della stagione, anche impegni più difficili, nonostante
le sconfitte cocenti.
Ci è mancata anche un po’ di
fortuna, anche se la fortuna te la devi creare da te, e quando ti arriva la
devi sfruttare al massimo. Emblematica la partita con Viadana allo Zaffanella:
a pochi minuti dalla fine la fortuna ci ha messo in mano il quarto posto che,
purtroppo, non abbiamo raggiunto, senza per questo addossare responsabilità a
nessuno in particolare. E probabilmente la fortuna la sai sfruttare al massimo
quando acquisisci maturità: forse è questo che è mancato al giovane Petrarca di
quest’anno. Un piccolo momento di maturità in più. A Viadana, ma anche in altre
occasioni (ndr a Rovigo nel derby, a Mogliano).
Brn
Ecco, hai parlato di
ambiente, di gruppo: come trovi oggi, a fine stagione, il gruppo Petrarca, lo
spogliatoio? Come hai visto l’integrazione degli stranieri?
Am
Ho trovato un gruppo di
amici, giovani e vecchi amalgamati, senza invidie, motivati e con grande
disciplina comportamentale. Una squadra che ha sempre lottato e non era solo
un’impressione: era impegno vero.
Gli stranieri si sono
integrati molto bene all’interno dello spogliatoio. Unico rammarico di non aver
potuto sfruttare di più le grandi qualità di Garth Ziegler. Purtroppo le regole
impongono una limitazione nell’utilizzo degli stranieri in campo e Garth ha
dovuto cedere il posto agli italiani (ndr che tra l’altro hanno dimostrato di
avere grandissime qualità), comportandosi sempre e comunque da grande
professionista, allenandosi ed impegnandosi sempre insieme alla squadra.
E’ stato importantissimo il
ruolo di Tyrone Holmes che, arrivato in maniera abbastanza casuale dopo
l’infortunio di Ansell (ndr non si era certi nel suo recupero) ha fatto da “papà”
ai flanker (ndr Conforti e Sarto in particolare): molto spesso insieme, dentro
e fuori dal campo, ha formato con loro un nucleo forte all’interno del gruppo.
Il suo comportamento e il suo alto standard, rispetto ai livelli
dell’Eccellenza, ha dato un notevole contributo a migliorare il gioco delle
terze linee.
E’ stato un punto di
riferimento, come lo erano gli stranieri del passato che arrivavano in Italia
(ndr Pardies, Campese, Botha, per citarne qualcuno). A questo proposito, non
potresti mai chiedere ad uno straniero se sia contento di diventare “Campione
d’Italia”. Sarà sicuramente per lui un onore esserlo, ma non sarà mai come se
avesse vinto il campionato della sua nazione. E il concetto che dobbiamo fare
capire agli stranieri che arrivano in Italia è un’altro. A loro dobbiamo far
capire che con il loro contributo noi (ndr italiani) possiamo diventare
“Campioni d’Italia” e il loro obiettivo deve essere questo: aiutarci a crescere
per diventare “Campioni d’Italia”. Per loro deve essere un piacere far
raggiungere obiettivi importanti alle squadre italiane. Un concetto che il
Petrarca ha come obiettivo principale nella ricerca degli stranieri. Oggi la
scelta non viene fatta solo ed esclusivamente su segnalazioni o tramite la
visione di qualche filmato. Oggi tendiamo ad avere un approccio diretto con lo
straniero, cerchiamo di capire se può condividere o meno i nostri obiettivi,
indipendentemente dalle sue capacità tecniche. In questo momento il Petrarca
sta percorrendo questa strada. E mi pare che gli stranieri arrivati al Petrarca
quest’anno siano stati tutti di qualità, anche se, magari, non di altissimo
profilo tecnico.
Brn
Mi dai lo spunto per una
domanda che volevo comunque farti: la tua imminente partenza per il Sud Africa
(ndr partirà nel pomeriggio) non sarà solo una visita turistica. Hai qualche
“obiettivo” in testa? Stiamo parlando di mercato. Al Petrarca state cercando
una prima linea, una seconda, un nr 8 ed un estremo. A che punto siamo?
Am
L’obiettivo del secondo anno
del progetto iniziato la scorsa stagione è quello di riconfermare almeno l’80%
dei giocatori della scorsa stagione, il che significa il 100% dei giovani, base
sulla quale stiamo costruendo il Petrarca. Il progetto è stato pensato per
migliorare l’utilizzo del vivaio del Petrarca e, per uno straniero che parte,
ne arriveranno degli altri.
Come priorità nelle scelte
dei nuovi innesti la do sicuramente alla prima linea. Abbiamo bisogno di un
uomo di peso, di esperienza e qualità (ndr si parla di Staibano, che ha già
visitato il Petrarca la scorsa settimana, ma non ha ancora dato una risposta
alla società).
Stiamo cercando una seconda
linea, straniera, che sostituisca Mathers. Abbiamo un paio di nominativi che
stiamo valutando.
Non puntiamo ad un nuovo nr
8: Ansell non ha ancora sciolto le riserve su ciò che vuol fare e, pur non
puntando su un suo eventuale utilizzo costante, la sua esperienza ci servirebbe
per far crescere nel ruolo altri elementi, come ad esempio, Jacopo Sarto.
Nel ruolo di estremo stiamo
cercando una figura che sostituisca Bortolussi, un giocatore che aveva
nell’elemento “X-factor” la sorpresa che poteva mettere in seria difficoltà
l’avversario. Un giocatore di esperienza per far crescere anche Mattia Bellini
che ha molte buone qualità ma che deve maturare.
Complessivamente, per questi
due ruoli (2°linea ed estremo), stiamo valutando quattro opzioni: due straniere
e due italiane.
Brn
Il progetto quindi continua:
sei qui per altri due anni, se non vado errato.
Am
Sì, se non mi cacciano
prima! Scherzo, ovviamente. Io e Rocco abbiamo un contratto che ci lega ancora al
Petrarca e vogliamo continuare a realizzare il progetto che abbiamo condiviso
con la Società.
Brn
Allora ti faccio i miei
auguri per un meritato periodo di vacanza, con la speranza di rivederti presto
e con altre novità.
Am
Ti ringrazio. Ritornerò a
Padova il 16 luglio e la squadra riprenderà la preparazione il 22.
Novità per noi? Per ora no. Aspettiamo
di vederlo tornare a metà luglio sperando che ci porti buone nuove!
Enrico DANIELE
Andrea Moretti (con Zorzi sulla sx) sotto il diluvio nella partita contro la Mantovani Lazio (foto di Massimo Sardena) |
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