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venerdì 28 aprile 2017

QUELLO ERA UN CALCIO D’ADDIO

Un campione ci lascia con una speranza: tornerò!

Aristide Barraud, mediano d'apertura del Mogliano Rugby, prima ancora dei Lyons Piacenza.
La sua sfortunata vicenda ha colpito il cuore di tutto il mondo ovale.
E' di ieri il suo addio al rugby giocato.
(ph Alfio Guarise) 
Quindici giorni fa, quando andai a Mogliano per la XVII di campionato e vidi dare il calcio d’inizio ad Aristide Barraud, in cuor mio avevo capito che quello era stato un calcio d’addio.


A fine partita ricordo di aver incrociato Barraud nel parterre davanti alla club house di Mogliano e l’intenzione era quella di fermarlo e parlargli per allontanare dalla mia testa il dubbio che mi aveva fatto sorgere quel calcio. Tuttavia, l’espressione del suo volto malcelato sotto il frontino di un cappellino troppo calcato sulla testa, ha frenato la mia curiosità.

Quell’immagine mi è rimasta impressa e quando ieri mattina ho ricevuto il comunicato stampa che annunciava il suo ritiro dal rugby giocato, con difficoltà ho trattenuto l’emozione e l’amarezza ed allo stesso tempo sono stato preso da una forte sensazione di rabbia.

Ricordo bene quei tragici giorni di novembre 2015 che hanno riportato alla luce le stragi che, per diverse motivazioni, ma con l’intento comune di colpire persone inermi ed incolpevoli, abbiamo vissuto anche noi in Italia in un passato che ci ha segnato e che tutti vorremmo dimenticare.

Fece subito eco tra il popolo ovale la notizia che fra le persone colpite dal vile atto sanguinario, c’erano Aristide e sua sorella.
E tutti ci siamo stretti insieme ed abbiamo pregato, ognuno a modo proprio, per rivedere presto Aristide sui campi di gioco.

Oggi sappiamo che non sarà più così a causa di una guerra insana che non ha due contendenti, ma è unilaterale: solo “cacciatori” contro “prede inermi”. Un tiro al bersaglio. Una guerra impari, persa in partenza dalle vittime, ma che non sarà nemmeno mai vinta da vigliacchi ”cacciatori”.

Aristide (e così sua sorella) non si mai è arreso e pur vittima, ha rialzato la testa, ha lottato contro ogni ostacolo postogli dalla sua nuova condizione, contro una morte certa che solo la mano di un dio (quello che volete voi) ha evitato, deviando quei proiettili che potevano essergli fatali.

Ma non gli è stato sufficiente ritornare a vivere. Lui voleva tornare a giocare, contro il parere di tutti, i medici per primi. E la lotta si è fatta ancor più dura, i sacrifici enormi, gli stimoli più forti dei dolori che, purtroppo, alla fine hanno avuto il sopravvento.

Aristide ha deciso che, adesso, è ora di staccare la spina col rugby, di smetterla. Ne va della sua salute e, pur a malincuore, ringrazia tutti e si ritira lasciando un vuoto ma anche dando un forte segno di speranza per tutti quelli che, come lui, hanno visto la morte in faccia.

Tornerà Aristide, lo dice lui stesso nella lettera di saluto che tutti avrete certo letto, perché un rugbista non smette mai di esserlo (nemmeno quando muore) tanto più lui che a 28 anni ha ancora molto da offrire a questo sport che gli ha dato tanto.

In bocca al lupo Aristide, ti aspettiamo!


Enrico DANIELE  

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